venerdì, 10 Gennaio 2025

Animali

Home Animali Pagina 40
Notizie di attualità sul mondo degli animali, diritti e doveri per chi possiede un animale domestico, storie sugli amici a quattro zampe

Fiori che sembrano qualcos’altro (FOTO)

La natura è piena di sorprese e in questa meravigliosa gallery abbiamo raggruppato alcuni fiori che si caratterizzano per delle forme assolutamente particolari: labbra, una faccia di scimmia, una ballerina e altro ancora.

I fiori, come organo riproduttivo, si sono evoluti grazie a un semplice principio, attrarre impollinatori come uccelli o insetti. Questa funzione ne ha permesso l’evoluzione in centinaia di colori e forme davvero incredibili e bellissime e quindi oltre agli insetti, hanno attratto anche noi. Non ci credete? Allora, sfogliate la nostra fotogallery.

Orchidea scimmia (Dracula Simia)

Quest’orchidea nasconde la suo interno una faccia di scimmia. Il suo nome è Orchidea-scimmia, ma il suo nome scientifico è Dracula simia. Originario della foresta pluviale peruviana, questo fiore è detto “Dracula” per via di due petali molto allungati, simili ai canini di un vampiro.

L’orchidea rondine (Phalaenopsis)

Impressionante il volto che si riconosce all’interno di questo fiore. La somiglianza con una rondine è quasi inquietante in questo fiore. Phalaenopsis è un genere di orchidee epifite che comprende circa cinquanta specie, tutte originarie dell’Asia e degli arcipelaghi dell’Oceano Pacifico e dell’Oceano Indiano. Il nome deriva dalle parole greche phalaen (farfalla) e opsis (simile a) e indica la somiglianza del fiore alla forma delle farfalle.

Orchidea dell’uomo nudo (Orchis Italica)

Quest’orchidea ha l’aspetto di due omini stilizzati che si tengono per mano. In alcune piante, il viso e gli arti degli omini hanno un colore più definito. La pianta è nota volgarmente come uomo nudo, poichè la forma del labello del fiore sembra imitare il corpo di un uomo, compreso il sesso. Inoltre, è una delle più diffuse orchidee selvatiche in Italia.

Labbra sensuali (Psychotria Elata)

Psychotria Elata

Psychotria Elata è nota per le sue infiorescenze, caratterizzate nelle prime fasi dello sviluppo da una coppia di brattee carnose di colore rosso intenso, che ricordano la forma di due labbra, pronte al bacio.

Ballerina (Impatiens Bequaertii)

Impatiens Bequaertii

L’ape sorridente (Ophrys bomybliflora)

L’ofride fior di bombo è una pianta appartenente alla famiglia delle Orchidaceae, diffusa sul versante settentrionale del bacino del Mediterraneo. L’orchidea sembra un grosso coleottero, che ride pure.

I neonati (Anguloa Uniflora)

I neonati (Anguloa Uniflora)

Questi fiorellini non sembrano forse dei teneri neonati in fasce?

Fiore Pappagallo (Impatiens Psittacina)

L’Impatiens psittacina conosciuto anche come “fiore pappagallo”, è una pianta tipica del sud-est asiatico, che fu notata per la sua forma originale di un pappagallo in volo, vista di lato. Cresce principalmente in Thailandia, in Birmania e in parti dell’India. È una delle più rare piante al mondo, tanto che pochi possono dire di averla vista, anche fra i botanici.

I teschi di drago (Antirrhinum)

teschi di drago

L’anatra orchidea (Caleana Major)

Che dire di questi fiorianatroccoli, trovati in Australia orientale e meridionale?

L’orchidea tigre

orchidea tigre

Dopo la faccia della scimmietta, non poteva mancarare quella della tigre.

L’alieno felice (Calceolaria Uniflora)

L’orchidea angelo (Habenaria Grandifloriformis)

orchidea angelo

Orchidea colomba (Peristeria Elata)

In questo fiore, la forma della colomba è ben distinguibile.

L’orchidea ballerina

orchidea ballerina

Un’elegante ballerina impegnata in un passo di danza.

L’orchidea Airone (Habenaria Radiata)

In questa pianta, la fioritura è scenografica. L’Orchidea Airone è una particolarissima varietà di orchidea, originaria dell’Asia che fiorisce per tutta l’estate. Ogni tubero sviluppa due o tre candidi fiori bianchi dalla forma davvero inusuale e sorprendente.

Darth Vader (Aristolochia Salvadorensis)

Un suggerimento: è il protagonista di una nota saga cinematografica. Aristolochia è un genere pianta con oltre 500 specie.

fonte: www.curiosauro.it

Avere un gatto è sinonimo di intelligenza

Ennesimo capitolo della saga che oppone amanti di gatti e cani? Esattamente.
I ricercatori della Carroll University, negli Usa, incoronano i felini.

I ricercatori mostrano come chi convive con un cane è tendenzialmente diverso rispetto a chi invece preferisce la compagnia di un gatto. La ricerca è stata condotta su 600 studenti universitari chiamati a rispondere ad alcune domande sul loro carattere e su quale fosse, tra cane e gatto, l’animale preferito. Il 60% del campione preso in esame ha prediletto il cane, l’11% il gatto e il restante 29% non ha mostrato alcuna preferenza in particolare. Il primo gruppo ha motivato la propria scelta sottolineando il valore della compagnia offerta dal cane, mentre i secondi hanno prediletto il gatto per il modo con cui dimostra il proprio affetto.

Lo studio della Carroll University ha confermato quanto espresso da una ricerca del 2010 condotta su 4.500 persone, da cui emergeva che chi predilige i cani è in generale più espansivo, mentre è tendenzialmente introverso chi preferisce i gatti. A questo risultato si aggiungono ulteriori dettagli: chi preferisce il piccolo felino sarebbe di solito non solo più introverso, ma anche più sensibile, anticonformista ed intelligente rispetto a chi invece, amando la compagnia di Fido, è più attivo e incline a seguire le regole sociali.

Denise Guastello, professoressa di psicologia nella Carroll Universy, ha spiegato che parte delle differenze tra amanti di cani e gatti potrebbe derivare dalle abitudini associate alla convivenza con l’uno o l’altro animale.

Non sono gli USA si sono interessati dell’argomento, anche l’università di Bristol ha dato del suo.
Stando a quanto emerso dalla ricerca, infatti, possedere un gatto è indice di intelligenza mentre optare per un affettuoso e fedele Fido equivale a dichiararsi “cerebralmente meno dotati“.

I proprietari dei felini, ha spiegato il dottor Jane Murray, responsabile dell’indagine, hanno in media un titolo di studio più alto rispetto a chi ha scelto l’amico dell’uomo per eccellenza, aggiungendo “Difficile spiegare il perché abbiamo ipotizzato che questo tipo di correlazione sia legata al fatto che il micio ha bisogno di meno cure rispetto al cane. Non devi portarlo a spasso e puoi lasciarlo tranquillamente a casa da solo se devi andare via per lavoro. Per questo chi è più impegnato tende a scegliere questo tipo di compagno per la vita“.

Gli scienziati, che hanno pubblicato i risultati del proprio studio sulla rivista Veterinary Record hanno concluso il proprio studio assestando secondo duro colpo contro la categoria maschile. Secondo gli esperti, infatti, la maggior parte dei proprietari di gatti, e quindi gli esseri più intelligenti fra quelli ritenuti da questa ricerca cerebralmente più dotati, sono donne di mezza età.

Insomma gatto e cane saranno sempre in competizione fra loro, ma chi la spunterà?

Picchiare gli animali, l’inno alla violenza che circola su Facebook (FOTO)

Il mondo creato da Zuckerberg è oggi un buffet variegato, almeno quanto lo è la massa dei suoi fruitori. E nella varietà un posto per lo squallore è d’obbligo e spesso il riscontro positivo che ottiene è ancora più agghiacciante.

Un esempio? La pagina che da fine marzo incita alla violenza sugli animali, con foto, inni e un vero e proprio decalogo al suo interno: si chiama “Picchiare gli animali” e al suo seguito conta oltre 2000 followers.

Numeri che lasciano a bocca aperta e che spaventano per la crudeltà che rappresentano. Numeri reali, ognuno a rappresentare un individuo in carne e ossa, con la cui presenza il resto del mondo deve fare i conti.

Hamburger di carne di cane, una pentola colma di cuccioli, un bastone sulla testa di fido e una povera bestiola legata dietro il cofano di un’automobile: queste solo alcune delle indicibili testimonianze presenti sulla pagina.

E a legiferare all’interno di questa becera mentalità, un decalogo, una sorta di inno alla violenza, a sentenziare che gli animali non sentono dolore, che divertirsi è più importante degli animali, che è meglio picchiare un cucciolo che una donna, che se non dai da mangiare agli animali, questi mordono e così via.

Perché lo squallore non si pone limiti, anzi, gode nel superarli.

Segnaliamo e cerchiamo di estirpare questa piccola fetta di marcio che resta tuttavia fin troppo grande.

Non è vero e non ci credo: la sfortuna del gatto nero

Le superstizioni, si sa, sono dure a morire: fra queste la più difficile da estirpare è senz’altro quella relativa alla sfortuna del gatto nero. All’origine della falsa credenza secondo cui il passaggio di un gatto nero è indiscutibile presagio nefasto ci sarebbe più di una spiegazione. L’una risale al tempo in cui il principale mezzo di locomozione era la carrozza: lungo i percorsi poco illuminati, infatti, i gatti neri – proprio in virtù del loro colore scuro – risultavano poco visibili e spesso alcuni di loro, incrociando i cavalli al trotto, finivano per spaventarli sino a farli imbizzarrire, provocando così spiacevoli incidenti.

L’altra spiegazione è, invece, riconducibile all’epoca della pirateria: nel corso delle loro navigazioni, difatti, i pirati turchi solevano ospitare a bordo delle proprie navi (per assicurarsi che le loro stive non fossero infestate dai topi) dei gatti neri che, una volta attraccata l’ancora nei pressi della città da saccheggiare, erano liberi di circolare sulla terraferma, andando così a rappresentare, per quanti li incontrassero, l’infelice premonizione di un pericolo imminente. Un’aura di negatività, questa, che divenne ancora più marcata durante il Medioevo, quando cioè i fautori del Cristianesimo intrapresero l’impietosa opera di annientamento di qualsiasi culto pagano – tra cui religioni che, come quella di Iside, facevano del gatto un vero e proprio oggetto di venerazione.

Da quel momento fino al Settecento inoltrato i gatti neri, insieme a quanti si curavano di loro, furono vittime di un’autentica persecuzione che si tradusse in scomuniche papali ufficiali, prima, e poi in irrevocabili condanne al rogo, che colpirono tanto i poveri animali, quanto i loro padroni, in quanto presunti maghi e streghe. Fu solo con l’avvento dell’Illuminismo che si concluse questo ingiustificato massacro: dimostrato scientificamente il valore della pulizia – incarnato pienamente da ogni esemplare felino -, si capì allora che la proliferazione di malattie epidemiche come il tifo e la peste si doveva, piuttosto, all’incessante riproduzione dei topi, ulteriormente favorita dalla quasi totale estinzione dei loro atavici antagonisti.

A partire dall’Ottocento, dunque, il gatto venne reintrodotto nei salotti aristocratici e borghesi, e da quel momento in poi non ha più smesso di rappresentare uno degli animali domestici più amati, soprattutto dalle donne, che trascorrendo la maggior parte del tempo in casa, si sono venute a configurare quali loro più fidate compagne. E se qui da noi ci sono voluti secoli prima che la reputazione del gatto nero venisse riabilitata, altrettanto non è accaduto in altri ambiti culturali: nell’Europa del Nord, e in particolar modo in Inghilterra, l’apparizione di un gatto nero è da sempre considerata di buon auspicio, a tal punto da aver portato i marinai di un tempo a rifiutare il proprio incarico qualora non ve ne fosse stato almeno uno sulla nave su cui si sarebbero dovuti imbarcare.

Una credenza diametralmente opposta alla nostra, molto diffusa anche tra i pescatori giapponesi che sono tuttora fermamente convinti che i gatti a tinta unita – siano essi neri, bianchi o marroni – abbiano il potere di allontanare il maltempo e di proteggere le anime vaganti dei naufraghi. È proprio la relatività di simili superstizioni che dovrebbe, perciò, spingerci ad adottare un approccio decisamente più obiettivo nel rapportarci ad esse: e chissà se, un giorno, a farcela scampare bella non potrà essere – a dispetto di ogni diceria – un temibile gatto nero.